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Messaggio del Preside


“La medicina

come scienza, è la conoscenza della proporzione giusta tra desideri opposti;

come pratica, è l’arte di saperli ricondurre alla retta misura e metterli d’accordo”.

Platone, “Il Simposio”

 

“Il benessere richiede la conoscenza della costituzione primaria dell’uomo e delle proprietà dei vari alimenti, sia di quelli per lui naturali che di quelli prodotti con il suo lavoro. Ma il mangiare non è da solo sufficiente per il benessere. Deve essere considerata anche l’attività fisica, i cui effetti devono essere parimenti conosciuti. La combinazione di questi due elementi crea lo stile di vita, qualora sia posta la dovuta attenzione all’età dell’individuo, alla situazione della sua casa, ed al mutare dei venti, e alle stagioni dell’anno”.

 

Ippocrate, V secolo a.C.

 

 

 

Perché la Facoltà di Medicina nell’Università del Molise?

 

Per avere un luogo, intellettuale più ancora e prima ancora che logistico, per portare avanti progetti nell’ambito della Medicina Accademica: in altre parole, per pensare, studiare, ricercare, scoprire, valutare, insegnare, imparare e migliorare nell’ambito del sistema di tutela e ripristino della salute umana.

Per preparare i medici e gli altri professionisti dell’area sanitaria ai problemi brucianti della medicina di oggi, è necessaria una formazione teorica adeguata ai progressi della medicina molecolare ed una formazione pratica che preveda il contatto con l’ammalato fin dal primo anno e la conclusione del tirocinio al fianco delle strutture della medicina di base sul territorio.

L’apprendimento delle cognizioni mediche e degli strumenti di prevenzione, terapia e prognosi deve essere saldamente ancorato alla medicina delle evidenze. L’insegnamento dell’economia sanitaria, della sociologia, della bioetica e della pedagogia dovranno ricondurre i medici e gli altri professionisti sanitari ad un uso responsabile delle risorse e, allo stesso tempo, ad un approccio verso il paziente come persona e ad una attenta interpretazione dei suoi bisogni, in un contesto di equità da garantire in futuro su dimensione globale. A tal fine una moderna Facoltà deve essere aperta a studenti dei Paesi in via di sviluppo e prevedere corsi di Medicina per chi vorrà operare in zone di emergenza.

Per preparare le professioni dell’area medica al futuro, al cambiamento tecnologico, organizzativo e sociale in atto è indispensabile il supporto di una ricerca mirata in settori di eccellenza, in proporzione alle risorse disponibili, anche attraverso una strategia di alleanze e collaborazioni. Gli obiettivi del futuro vanno anche perseguiti attraverso una ricerca sui problemi clinici ed organizzativi di ogni giorno che serva da palestra di addestramento critico per gli studenti di medicina e per quelli delle altre professioni sanitarie.

Sempre più in futuro la guarigione o una miglior condizione di vita saranno il frutto non di una prescrizione paternalistica, ma il risultato di un lavoro di equipe e di un’alleanza terapeutica con il paziente.

Tutto questo con la costante coscienza di conseguire l’equità nell’accesso da parte del paziente ai benefici della moderna Medicina, tenendo presente che oggi nel mondo il 90% della popolazione non ha accesso alle possibilità di cura e prevenzione che la ricerca ha consentito di raggiungere e questo non solo nel Sud del mondo ma anche all’interno degli stessi Paesi del Nord, in fasce di popolazioni sempre più ampie.

La Facoltà di Medicina deve essere oggi tanto lontana dall’immagine mediatica quanto vicina al paziente, impegnata verso tutti gli attori della salute, tendendo ad essere una sintesi di due momenti cruciali per la Medicina Accademica: una buona pratica clinica ed una buona ricerca.

La buona pratica clinica deve muoversi all’interno delle evidenze scientifiche disponibili, all’interno di un luogo positivo che esiste. La ricerca biomedica si avventura oggi in luoghi delle conoscenze ove nessuno è mai stato, in luoghi che ancora oggi non esistono. In greco un luogo positivo si dice eutopia, un luogo che non esiste si dice outopia. Ebbene, agli inizi del 16° secolo Sir Thomas More, partendo da queste due parole, coniò la parola “utopia” come simbolo di un anelito verso una società migliore.

 

L’utopia può essere oggi il ragionevole impegno verso una medicina migliore, affinché ciò che oggi sembra impossibile domani sia semplice evidenza. Una medicina che, dopo aver acquisito straordinarie capacità di cura e di ricerca portando, però, sovente. il medico a interessarsi troppo alla malattia e poco alla persona ammalata, torni al futuro: ora che la biologia molecolare e le tecnologie biomediche hanno dato alla medicina gli strumenti di primaria scienza della vita, le antiche intuizioni ippocratiche possono divenire la guida per l’impiego di questi strumenti e di quelli che saranno disponibili in futuro e così nella storia trovare forse il segreto di una splendida utopia che possa essere di riferimento per nuove facoltà e per nuovi medici padroni e non dipendenti delle tecnologie, addestrati ad una pratica basata sulle evidenze e saldi in una rinnovata attenzione ed in una rinnovata “pìetas” verso l’uomo e verso l’ambiente in cui egli vive.

 

Il Preside

Prof. Giovannangelo Oriani