L’architettura degli studi universitari è stata profondamente rinnovata dalla riforma approvata durante la legislatura 1996-2001 con il decreto ministeriale n. 509 del 3 novembre 1999 "Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei".
Per comprendere la portata e i contenuti della riforma è utile ricordare brevemente quale fosse la tradizionale architettura degli studi universitari in Italia rimasta invariata per molti anni. Si trattava di un’architettura ad un solo livello, in quanto le università conferivano un solo titolo, la laurea, al termine di corsi di studio di durata variabile dai quattro fino ai sei anni. Solo nel 1980 fu introdotto un titolo post-laurea, il dottorato di ricerca. Alla fine degli anni 80 fu percepita la necessità di studi universitari più brevi e professionalizzanti. Dopo un primo esperimento attraverso le scuole dirette ai fini speciali, di norma biennali, la legge introdusse nel 1990 i diplomi universitari, ovvero corsi di studio triennali, salvo qualche raro caso di corsi biennali, con fini spiccatamente professionalizzanti pur non mancando una quota di formazione universitaria di base. L’architettura, quindi, si basava su un solo livello, anche se contemplava due binari paralleli.

Gli obiettivi della riforma universitaria sono stati sostanzialmente due:

• realizzazione dell’autonomia didattica;
• sostenere la convergenza del sistema italiano d’istruzione superiore verso il modello europeo.

Il nuovo percorso degli studi universitari vuole essere più attento alle problematiche della domanda di formazione. La flessibilità dei corsi di studio permette di adattarsi alla domanda diversificata di formazione che proviene sia dagli studenti sia dal mondo del lavoro. La riforma ha costituito una vera innovazione culturale negli atenei italiani, nei docenti come negli studenti, nelle imprese come nella pubblica amministrazione.

Per maggiori informazioni e dettagli sulla nuova architettura degli studi univeristari consulta il sito del MIUR www.universo.miur.it/